CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

venerdì 16 giugno 2017

DIFFERENZA FRA ERETICI E CIARLATANI (29)


















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Legge (la) Rima....(28)

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Brevi Riflessioni (30)















…Noi ci siamo riformati allontanandoci da loro, non contro di loro…; poiché facendo astrazione da quegli oltraggi e quello scambio di espressioni ingiuriose, che unicamente indicano la differenza fra le nostre tendenze e non nella nostra causa, esistono un unico nome e appellativo comune fra noi, un’unica fede e un necessario nucleo di principi comuni agli uni e agli altri; e perciò io non mi faccio scrupolo di conversare o vivere con loro, di entrare nelle loro chiese in difetto delle nostre, e di pregare insieme a loro, o per loro: non sono mai riuscito a percepire un qualche nesso logico con quei molti testi che vietano ai figli di Israele di contaminarsi con i templi dei pagani, essendo noi tutti cristiani, e non divisi da detestabili empietà, tali da poter profanare le nostre preghiere o il luogo in cui le diciamo; e nemmeno a comprendere perché mai una coscienza risoluta non possa adorare il suo Creatore ovunque, specialmente in luoghi dedicati al suo servizio; in cui, se le loro devozioni l’offendono, le mie possono piacergli, se le loro profanano il luogo, le mie possono santificarlo; l’acqua benedetta e il crocifisso (pericolosi per la gente comune) non ingannano il mio giudizio, ne fan minimamente torto alla mia devozione: io sono, lo confesso, naturalmente incline a quello che lo zelo fuorviato definisce superstizione; riconosco indubbiamente austera in genere la mia conversazione, pieno di severità il mio comportamento, non esente talvolta da qualche asperità; pure nella preghiera mi piace usare rispetto con le ginocchia, col cappello e con le mani…, insomma con tutte quelle manifestazioni esteriori e percepibili ai sensi…




…E quindi come vi furono molti riformatori, allo stesso modo molte riforme; tutti i paesi procedendo ciascuno col proprio metodo particolare, a seconda di come li dispone il loro interesse nazionale, insieme al loro temperamento e al clima; alcuni irosamente e con estremo rigore, altri con calma, attenendosi ad una via di mezzo, non con strappi violenti, ma separando senza sforzo la comunità, e lasciando un’onesta possibilità di riconciliazione; cosa questa che, sebbene desiderata dagli spiriti pacati disposti a concepirla effettuabile per opera della rivoluzione del tempo e della misericordia di Dio, pure a quel giudizio che vorrà considerare le attuali incompatibilità fra i due estremi, come questi dissentano nella condizione, nelle tendenze e nelle opinioni, potrà prospettarsi altrettanto probabile quanto lo è un’opinione fra i poli del Cielo…




…Ma per differenziarmi con maggior precisione, e portarmi in un cerchio più ristretto: non vi è alcuna Chiesa di cui ciascun punto tanto si armonizzi con la mia coscienza, i cui articoli, costituzioni ed usi sembrino così consoni alla ragione, e come formati per la mia speciale devozione, quanto questa dalla quale io traggo il mio credo, la Chiesa anglicana alla cui fede ho giurato obbedienza….
…Io non condanno tutte le cose del Concilio di Trento, e nemmeno approvo tutte quelle del Sinodo di Dort. In breve, là dove la Sacra Scrittura tace, la Chiesa è il mio testo; dove quella parla, questa è solo il mio commento; quando vi è l’unito silenzio di entrambe, non prendo da Roma o da Ginevra le leggi della mia religione, ma mi valgo piuttosto dei dettami della mia stessa religione. E’ un ingiusta calunnia da parte dei nostri avversari, e un grossolano errore in noi, far risalire a Enrico ottavo la natività della nostra religione; poiché, sebbene sconfessasse il Papa, egli non rifiutò la fede di Roma, e non effettuò più di quanto i suoi stessi predecessori desiderarono e tentarono nei tempi passati, e per cui si ritenne si sarebbe adoperato lo Stato di Venezia ai nostri giorni.
Ed è ugualmente manifestazione poco caritatevole da parte nostra associarci a quelle volgarità plebee e a quegli obbrobriosi insulti contro il vescovo di Roma, cui come principe temporale dobbiamo un linguaggio castigato: confesso che c’è causa di risentimento fra noi; grazie alle sue sentenze io me ne sto scomunicato; Eretico è l’espressione migliore di cui dispone per me; tuttavia nessun orecchio può testimoniare che io lo abbia mai ricambiato chiamandolo anticristo, uomo del peccato, o meretrice di Babilonia. E’ metodo della carità sopportare senza reagire: quelle usuali satire e invettive del pulpito possono magari avere un buon effetto sul volgo, le cui orecchie sono più aperte alla retorica che alla logica; pure in nessun modo confermano la fede dei credenti più saggi, i quali sanno che una buona causa non ha bisogno di essere protetta per mezzo della passione, ma può sostenersi con una disputa contenuta.




…Non ho mai potuto allontanarmi da alcuno a causa di una differenza di opinioni, né prendermela col suo giudizio per non essere d’accordo con me in una cosa da cui alcuni giorni più tardi avrei forse dissentito io stesso. Non ho genio alle dispute di religione, e ho spesso ritenuto saggio declinarle, specie se in posizione di svantaggio, o quando la causa della verità poteva soffrirne della debolezza del mio patrocinio; là dove desideriamo venire informati, è bene discutere con uomini al di sopra di noi; ma per rafforzare e fissare le nostre opinioni, la miglior cosa è discutere con giudizi al di sotto del nostro, sì che le frequenti spoglie e le vittorie sulle loro ragioni possano fondare in noi stessi una stima e una rafforzata opinione delle nostre.
…Non ogni uomo è un degno campione del vero, e neppure atto a raccogliere il guanto di sfida nella causa della verità: molti, per ignoranza di queste massime e uno sconsiderato zelo di ciò che è vero, hanno attaccato troppo temerariamente le truppe dell’errore, e rimangono come trofei ai nemici della verità. Un uomo può essere con lo stesso diritto in possesso della verità così come di una città, e trovarsi tuttavia costretto ad arrendersi; è quindi di gran lunga preferibile goderne in pace, anziché cimentarla in battaglia. Se sorgono pertanto dubbi sul mio cammino, io li dimentico senz’altro, o li rimando per lo meno a quando il mio giudizio meglio fecondato e la ragione più matura siano in grado di risolverli; poiché mi rendo conto che la stessa ragione di un uomo è il suo miglior Edipo e, con una tregua ragionevole, trova il mezzo di sciogliere quei vincoli con cui le sottigliezze dell’errore hanno incatenato i più arrendevoli e deboli fra i nostri giudizi.




In Filosofia, dove la verità appare bifronte, non vi è uomo più paradossale di me; ma in teologia amo percorrere la strada maestra, e con fede umile, benché non cieca ed assoluta, mi piace seguire la gran ruota della Chiesa, con la quale io procedo, senza riserve di speciali poli o movimenti originati dall’epiciclo del mio cervello; in tal modo non lascio adito a errori, scismi o eresie di cui, presentemente, spero di non offendere la verità se dico di non avere né macchia né tintura, devo confessare che i miei studi più giovanili sono sati contaminati da due o tre di queste, non generate dai secoli più avanzati, ma vecchie e in disuso, di quelle che mai sarebbero potute resuscitare, se non ad opera di menti bizzarre e indipendenti come la mia; poiché le eresie non periscono certo con i loro autori, ma come il fiume Aretusa, benché perdano la loro corrente in un luogo, esse risorgeranno in un altro: un concilio generale non è in grado di estirpare una sola eresia; questa può venir cancellata per il momento, ma la rivoluzione del Tempo e gli identici aspetti del cielo la riporteranno in vita, ed essa prospererà allora, finché non venga nuovamente condannata; poiché, come se esistesse una metempsicosi e l’Anima di un uomo passasse in un altro, le opinioni dopo certi cicli trovano indubbiamente e uomini e spiriti simili a quelli che per primi le generarono…
Non occorre attendere l’anno di Platone per rivedere noi stessi; ogni uomo non è soltanto se stesso: ci sono stati molti Diogeni e altrettanti Timoni, benché solo pochi di quel nome; le vite degli uomini vengono rivissute, il mondo è ora com’era nelle età trascorse, non ci fu alcuno allora senza che ci sia stato da quel tempo altri, che egli stia alla pari, e che in un certo qual modo è il suo rivissuto…

(T. Browne, Religio Medici) 

(Prosegue...) 














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