CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 6 ottobre 2015

VIAGGI ONIRICI: l'incubo (lo sdoppiamento del DUE) (16)












































Precedente capitolo:

Viaggi onirici (15)

Prosegue in:

Viaggi onirici: l'incubo (lo sdoppiamento del DUE) (17)














Winston dava le spalle al teleschermo. Era più sicuro, anche se sapeva bene che perfino una schiena può essere rivelatrice….
A un chilometro di distanza, immenso e bianco nel sudicio panorama, si ergeva il Ministero della Verità, il luogo dove lui lavorava. E questa, pensò con un senso di vaga ripugnanza, questa era…., la principale città di Pista Uno, a sua volta la terza provincia più popolosa dell’Oceania.
Si sforzò di cavare dalla memoria qualche ricordo dell’infanzia che gli dicesse se la capitale era sempre stata così. C’erano sempre state queste distese di case o rifugi fatiscenti, con i fianchi sorretti da travi di legno, le finestre rattoppate col cartone, i tetti ricoperti da fogli di lamiera ondulata, i muri dei gradini che pericolavano, inclinandosi da tutte le parti?
E le aree colpite dalle bombe, dove la polvere d’intonaco mulinava nell’aria e le erbacce crescevano disordinatamente sui mucchi di macerie, e i posti dove le bombe avevano creato spazi più ampi, lasciando spuntare colonie di case di legno simili a tanti pollai?
Ma era inutile, non riusciva a ricordare!




Della sua infanzia non restava che una serie di quadri ben distinti, ma per la gran parte incomprensibili e privi di uno sfondo contro cui stagliarsi.
Il Ministero della Verità differiva in maniera sorprendente da qualsiasi altro oggetto che la vista potesse discernere. Era un’enorme struttura piramidale di cemento bianco e abbagliante che s’innalzava, terrazza dopo terrazza, fino all’altezza di trecento metri. Da dove si trovava Winston era possibile leggere, ben stampati sulla bianca facciata in eleganti caratteri, i tre slogan del Partito:


              LA GUERRA E’ PACE
              
              LA LIBERTA’ E’ SCHIAVITU’

              L’IGNORANZA E’ LA FORZA



Winston si girò di scatto. Il suo volto aveva assunto quell’espressione di sereno ottimismo che era consigliabile mostrare quando ci si trova davanti al teleschermo.
Attraversò la stanza ed entrò nella minuscola cucina.
Uscendo a quell’ora dal Ministero, non aveva potuto mangiare alla mensa e sapeva bene che in cucina c’era solo un pezzo di pane nero destinato alla prima colazione del giorno dopo.
Tirò giù dalla mensola una bottiglia di liquido incolore con una semplice etichetta bianca: GIN VITTORIA. Emanava un odore nauseante, oleoso, che ricordava l’alcol di riso cinese.
Winston si versò il corrispondente di una mezza tazza da tè, si preparò al colpo, poi l’ingoiò come se si trattasse di una medicina. La faccia gli si fece subito rossa, mentre gocce d’acqua gli uscivano dagli occhi. Quella roba sapeva di acido nitrico!




Quando la si ingoiava, era come se qualcuno vi colpisse alle spalle con uno sfollagente. In ogni caso, un attimo dopo il bruciore nel ventre si calmò e il mondo cominciò a sembrargli meno tetro. Prese una sigaretta da un pacchetto sgualcito con la scritta SIGARETTE VITTORIA e la tenne incautamente verticale, al che tutto il tabacco cadde per terra.
Andò meglio con la successiva….
Ritornò nel soggiorno e si sedette a un tavolino collocato alla sinistra del teleschermo. Tirò fuori dal cassetto un portapenne, una boccetta d’inchiostro e uno spesso quaderno di grosso formato, ancora intonso, con la costa rossa e la copertina marmorizzata.
Per un qualche misterioso motivo, nel soggiorno il teleschermo si trovava in una posizione insolita: invece che nella parete di fondo, com’era la norma, da dove avrebbe potuto controllare tutta la stanza, era stato messo sulla parete più lunga, di fronte alla finestra. A uno dei due lati vi era una specie di rientranza poco profonda, nella quale era seduto Winston.
Nelle intenzioni di chi aveva a suo tempo costruito gli appartamenti, doveva forse servire a contenere scaffalature per libri. Sedendo in questa rientranza con le spalle ben addosso al muro, Winston poteva restare fuori dal raggio visivo del teleschermo. Poteva essere udito, naturalmente, ma finché non mutava posizione, non era possibile vederlo e, forse, proprio la particolare conformazione della stanza gli aveva suggerito ciò che ora stava per fare…




Gliel’aveva suggerito anche il quaderno che aveva appena preso dal tavolo. Era un quaderno di rara bellezza, con la carta liscia e vellutata, appena ingiallita dal tempo, di un tipo che non si produceva da almeno quarant’anni. Winston poteva facilmente capire, tuttavia, che il quaderno era anche più antico.
L’aveva visto nella vetrina di una sudicia bottega di rigattiere in un miserabile quartiere della città, di cui aveva scordato il nome, ed era stato immediatamente assalito dall’insopportabile desiderio di possederlo. A rigor di termini i membri del partito non potevano entrare nei negozi normali, ma il divieto non veniva rispettato in senso stretto, perché vi erano diverse cose, come le stringhe per le scarpe e le lamette da barba, che non ci si poteva procacciare altrimenti.




Winston aveva gettato una rapida occhiata a entrambi i lati della strada, poi era entrato di soppiatto nella bottega e aveva comprato il quaderno, pagandolo due $ e cinquanta cents. In quel momento non sapeva neanche per quale motivo particolare lo desiderasse tanto. L’aveva messo nella cartella e se l’era portato a casa avvertendo un certo senso di colpa: anche se non vi era scritto niente, eccetto una nota in copertina, minuscola… : quaderno di Francesco, e lui l'avrebbe lasciata lì ove si trovava... quella dedica non l’avrebbe cancellata…
E così ciò che stava per fare era iniziare un diario, un atto non illegale di per sé (nulla era illegale, dal momento che non esistevano più leggi), ma si poteva ragionevolmente presumere che, se lo avessero scoperto, l’avrebbero punito con la morte o, nella migliore delle ipotesi, con 25 anni di lavori forzati.
Winston contemplò il suo libriccino con la minuscola dedica, poi inserì un pennino nella cannuccia e rimosse la sporcizia. Vicino alla dedica con altrettante lettere piccole e goffe scrisse:

4 APRILE 1984

(Prosegue....)





















Nessun commento:

Posta un commento