CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

sabato 5 aprile 2014

IL 'LIBRETTO' DA GUIDA (17)







































Precedenti capitoli:

Giù... nell'albergo (15/16)

Prosegue in:

Il 'Libretto' da guida (18)














Fra tutte le attività che rappresentano una dipendenza economica, apparentemente una delle più rimunerative (e può essere anche tale per chi è capace di vincere la ripugnanza di scivolare nel servilismo) è certo quella inerente all’industria degli incolti ed ingordi per quanto saccentemente saputi... ricchi forestieri.
Una tale adattabilità rappresenta un coefficiente quasi indispensabile, come per il macellaio l’assoluta indifferenza per il sangue, e per il chirurgo il dominio della compassione per le sofferenze del paziente durante l’intervento. Fra le molteplici categorie di ‘servi’ (mi si permetta per il momento tale espressione) non è certo la guida alpina che faccia un’eccezione o che brilli per maggior fierezza. M’affretto a riconoscere che tra tutti i rapporti fra dipendenti e datore di lavoro nessun altro esige forse un simile servilismo che confina con una velata ipocrisia, per chi vuol riuscire, almeno economicamente.




La parte quasi subalterna della guida, che per ore e giorni tiene in mano la vita di chi lo paga, può apparire una beffa, un controsenso, quando si pensi al rischio congiunto a tali pericoli, quando si consideri che il denaro pattuito rappresenta il prezzo di un pericolo al quale si va incontro per il divertimento o l’ambizione del ‘signore’.
Io penso che nessun preposto chiamato al controllo del corpo delle guide, né le società alpine, né l’autorità politica si siano mai rese conto della ridicola ed illogica tradizione che di comune accordo regola il rapporto fra ‘signore’ e guida. Alpinisticamente compiango colui cui non sembri un paradosso il fatto che in pratica la guida, il vero e Primo protagonista di una scalata, venga spinta nella parte di una modesta ed umiliante comparsa…. ‘Un signore’ chiede di essere accompagnato sul Cervino o sulle Torri del Vaiolet. Dal fatto che in tali escursioni, per una causa o per l’altra, parecchi ci hanno lasciato la vita, risulta che l’impresa non è assolutamente scevra di pericolo.




Ora, una guida coscienziosa, anche per un categorico comandamento d’igiene personale, farà subire una specie d’esame d’ammissione al nuovo candidato, chiedendogli per lo meno che escursioni abbia già fatto (o per lo meno, ciò che abbia visto o capito, oltre alla copertina del Tomo Grande dell’…). Questi, nella quasi totalità dei casi, darà una risposta che sembrerà alla guida soddisfacente, perché, data l’attrazione dell’oro, più la salita è difficile e perigliosa, più forte è il guadagno (spirituale), per esprimersi brutalmente, e la guida non è un giudice molto rigoroso. Egli pensa: ‘qualche santo aiuterà’, e di solito passa subito a stabilire il prezzo (del sacrificio…).
Giunti alla base della montagna, la guida, come un buon angelo custode (di un altro Universo), dopo aver legato accuratamente il cliente, gli fa una specie di predica, lo istruisce, gli fa le raccomandazioni necessarie, lo prepara e si parte. Capita una passaggio difficile. Il ‘signore’ è nuovamente istruito, gli vengono indicati gli appigli, i movimenti da farsi e gli viene raccomandato di non aver paura, perché in ogni caso, la corda è buona (anche se non ha mai lottato o goduto con un buon Tomo… eccetto che con il suo ‘citofono’ portatile ad uso di brevi e meschini se non incomprensibili ‘messaggini’ – fortuna di una una Seconda guida che con questa eterna vita poco o nulla ha da condividere…). 




Il ‘signore’ ascolta con religiosa attenzione le istruzioni della guida, come uno studentello che si prepara ad un esame, ma che non ignora che verrà comunque sia promosso (a causa di certi cattivi maestri che affollano ed infestano la nostra ed altrui arte e cultura), anche se dimostrasse di essere più ignorante del ciuco del mugnaio. Alle prese col passaggio maledetto, la lezione continua con calore e con qualche argomento più pratico e convincente, convertito in buoni strappi di corda, e, finalmente, dopo che il ‘signore’ ha invocato tutti i santi del calendario (fluorescente a portata del palmare della sua piccola mano) e la guida tutte le gerarchie infernali, il passaggio ‘poco simpatico’ è superato.
Il fatto che il ‘signore’ per qualche minuto abbia sperimentato nel mondo più pratico la resistenza della corda (sperimentato nel modo meno utile all’intelligenza o alla ragione che governa il suo corpo… più tardi, giù al rifugio, o giù all’albergo, predicherà o avrà il coraggio di predicare che essa non rappresenta che un fattore morale) è un intermezzo insignificante, un trascurabile fatterello, e per la guida un sopportabilissimo incerto del mestiere.




Finalmente il ‘signore’ è issato sulla vetta….
Una forte stretta di mano: ‘grazie, una scalata meravigliosa e non sono neanche molto stanco, non ho avuto un solo momento di paura, e… ditemi, come sono andato? Avete dovuto sopportare molto?’.
La domanda è imbarazzante.
Ti capita addosso la gomitata provocante o il fiato appiccicoso di una donna brutta e volgare e più antipatica e saputa di Santippe che accompagni il gesto con la domanda: ‘Ti piaccio? Sono brutta da farti paura? Sono bella e intelligente?’. Chi avrebbe il coraggio di rispondere.’Non sei una vera e propria arpia, neppure una bestia di allevamento da albergo, ma poco ci manca. Ti consiglierei il chiostro…’.
Come si può dire a questa piccola e povera creatura (che schiferebbe anche una bestia…) che si bea d’infinito, di panorami, di gioia sportiva, e, superata la gran prova con qualche insignificante tirata di corda, si crede improvvisamente trasportata nel Pantheon degli eletti, come si fa a dire, a questo povero peccatore che attende dal tuo labbro la sentenza: ‘Sei una nullità, lascia la montagna e datti alla prostituzione di alto bordo.. giù nell’albergo…; i corvi ti avrebbero già divorato, se non ci fosse stata la mia buona pazienza accompagnata dalla resistente corda!’.




Ho pensato più volte che in simili occasioni, per trarsi d’impaccio bisognerebbe essere figli autentici di Giove invece che semplici mortali, impastati di bisogni e di debolezze.
La più fiera delle guide, l’apostolo autentico della più genuina verità, si sente depresso di fronte ad una situazione simile e scende a patti con i propri principii di rigorosa morale, un po’, anche per ragioni economiche. La manchevolezza del ‘signore’ nella banca dello Spirito che gestisce la nostra eterna salita a ben altre vette, viene abilmente mascherata a spese della verità, o meglio velata, e… pace sia all’anima sua!















Nessun commento:

Posta un commento