CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 21 gennaio 2016

GLI ORRORI DEI GHIACCI E DELLE TENEBRE






































Prosegue in:

Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre... (2)













Con il giorno della sua partenza Mazzini mi diventa distante proprio come
l'equipaggio della 'Admiral Tegetthoff'.
Il fatto che lo abbia conosciuto, diversamente dal macchinista Krisch o dal
nostromo Lusina, non mi permette molto di più che ricostruire delle proba-
bili situazioni; situazioni che non sono contenute negli appunti di Mazzini.




Così riordino le poche tracce di cui dispongo, colmo le lacune con delle
supposizioni, però, quando, giunto alla fine di una catena di indizi, dico
'così fu', sento come se ne abusassi peccando di indiscrezione.
La partenza di Mazzini mi pare allora come un trapasso dal mondo reale
a quello possibile.




Ricordo un pomeriggio, molto tempo dopo la scomparsa di Mazzini, quan-
do entrai per la prima volta nella sua stanza con Anna Koreth. La libraia in-
dossava un camice da lavoro e un foulard, come se avesse voluto protegger-
si dalla gran polvere.




Invece le particelle depositatesi in quei mesi erano appena sufficienti per
rendere visibile l'impronta di una mano sul piano di un tavolo o su uno scaf-
fale.
Anna Koreth aprì la finestra.
Lieve e continua, come traboccante dal colmo di un argine, la corrente d'a-
ria fredda lambì il davanzale, e una porta si chiuse con un tale schianto che
la vedova dello scalpellino, intenta in fondo a un corridoio a fare quello che
sempre faceva, si arrestò un attimo; il rumore della sua macchina per magli-
eria s'interruppe.




Anna Koreth prese dal cassetto del tavolo alcune posate nichelate e poi lo
richiuse, avvolse con carta di giornale le stoviglie, anche il barattolo del tè,
e stipò tutto in un cartone.
Alla sera la stanza era vuota.
Nell'avvolgere il tappetto, dalla lana saltarono fuori dei granelli di sale.
La macchia rosso pallido si dissolse come l'impronta terrosa su una palla
di neve fatta rotolare su un prato d'inverno.




All'epoca mi ero già così familiarizzato con i diari di Mazzini, che questa
macchia di vino rosso mi catapultò su un lastrone di ghiaccio: Mazzini a-
veva descritto gli orsi polari cacciati dall'elicottero con fucili anestetizzati.
E' un movimento inimitabile, quasi aggraziato, quello con il quale questi
animali si rizzano, allungano il muso verso l'alto fiutando qualcosa (poi...
talvolta nonostante l'enorme 'mole' corrono a perdifiato sul ghiaccio...).




L'elicottero si avvicina e allora accade ciò che nell'Artico non accade
quasi mai: gli orsi si danno alla fuga, si allontanano trottando, sempre più
veloci; infine non è più un trotto, ma una corsa elastica e possente.
Le bestie superano le ampie crepe che solcano le placche, attraversano i
 canali a nuoto e mutano improvvisamente e inaspettatamente direzione.




Ma poi l'elicottero è sopra di loro, vengono colpiti dalle frecce e la corsa
si trasforma in un malfermo barcollio.
Infine giacciono sul ghiaccio; lontani tra loro.
Sono tre.
Viene loro strappato un dente dalla bocca.
Una macchia di sangue stilla sul ghiaccio accanto al cranio.




Con una pinza si applica loro un marchio metallico all'orecchio, un sotti-
le rivolo rosso cola lungo la pelliccia sulla quale viene infine spruzzato an-
che un grande contrassegno colorato.
Così si potranno seguire i percorsi degli orsi per centinaia di chilometri di
ghiaccio. La macchia di sangue, sulla quale si formano rapidamente cristal-
li di ghiaccio, impallidisce.




(Anche a questa macchia si riallaccia un ricordo: nel corso della sua avven-
tura, l'equipaggio della 'Admiral Tegetthoff' abbatté 67 orsi polari, con fucili
Lefaucheaux e carabine Werndl.
I cadaveri venivano smembrati con scuri e seghe da ghiaccio sempre secon-
do il medesimo schema: il cervello agli ufficiali, la lingua a Kepes, medico del-
la spedizione, il cuore a Orasch, il cuoco, il sangue ai malati di scorbuto....
l'arrosto di polmoni e le cosce alla mensa comune, il cranio, la spina dorsale
e le costole ai cani da slitta, la pelliccia in un barile e il fegato...ai rifiuti...)




I cristalli di sale rimasti sul nudo pavimento di parquet non riportavano alla
mente nient'altro.
Quando abbandonammo la casa, la vedova dello scalpellino stava ancora
seduta alla sua macchina per maglieria; prese non noncuranza le banconote
che Anna le diede....
Era tardi.
Nell'oscurità cominciò a nevicare.....

(C. Ransmayr, Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre)

(Prosegue...)



















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