CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 8 aprile 2012

LA VIA CRUCIS: SECONDA STAZIONE










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Il sole nel cielo limpido ci riscalda le membra indolenzite e si continua a camminare.
Che giorno è oggi?
E dove siamo?
Non esistono né date né nomi.
Solo noi che si cammina.....
Passando per un villaggio vediamo dei cadaveri davanti agli usci delle isbe.
Sono donne e ragazzi.
Forse sorpresi così nel sonno perché sono in camicia.
Le gambe e le braccia nude sono più bianche della neve, sembrano gigli su un altare.





















Una donna è nuda sulla neve, più bianca della neve e vicino la neve è rossa.
Non voglio guardare, ma loro ci sono anche se io non guardo.
Una giovane è con le braccia aperte, e ha sul viso un lino bianco.
Ma perché questo?
Chi è stato?
E si continua a camminare.
Passiamo per una valletta stretta e deserta.
Cammino con angoscia, vorrei che se ne fosse già fuori; mi
sembra di soffocare.
Guardo da tutte le parti con apprensione.
Ascolto e trattengo il fiato.
Vorrei correre.
Mi aspetto di vedere comparire da un momento all'altro le torrette dei carri armati
e di sentire le raffiche delle mitragliatrici.
...Ma passiamo.
Ho fame.
Quando ho mangiato l'ultima volta?
Non ricordo.
























La colonna passa tra due villaggi distanti tra loro pochi chilometri. Lì ci sarà certamente
qualcosa da mangiare. Dalla colonna si staccano dei gruppetti che vanno verso i villag-
gi in cerca di cibo.
Gli ufficiali gridano, dicono che potrebbero esservi dei partigiani o delle pattuglie rus-
se. Soldati del mio plotone vanno anch'essi in cerca di cibo.
Durante una breve sosta ci fermiamo a bere ad un pozzo e poi vado in un'isba che
mi sembra la più vicina. Ma è una delle più vistose ed è già visitata da molti.
Non trovo che un pugno di fettine di mele essiccate che i russi usano per fare i decotti.
Si cammina e viene ancora notte.
E' freddo: più freddo di sempre, forse 40°.




















Il fiato si gela sulla barba e sui baffi, con la coperta tirata sulla testa si cammina in silenzio.
Ci si ferma, non c'è niente.
Non alberi, non case, neve e stelle e noi.
Mi butto sulla neve; e sembra che non ci sia neanche la neve.
Chiudo gli occhi sul niente.
Forse sarà così la morte, o forse dormo.
Sono in una nuvola bianca.
Ma chi mi chiama?
Chi mi dà questi scossoni?
Lasciatemi stare.
- Rigoni. Rigoni. Rigoni! In piedi. La colonna è partita. Svegliati, Rigoni........
(Mario Rigoni Stern, Il sergente della neve)














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